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Stefania Bisaglia, Lia Montereale

L’esportazione delle opere straniere: una questione di equilibrio

*Stefania Bisaglia, dirigente presso il Servizio IV Circolazione della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura

*Lia Montereale, funzionario amministrativo presso il Servizio IV Circolazione della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura


Il presente articolo esamina la questione relativa alla circolazione internazionale delle opere d'arte straniere,  soprattutto laddove venga presentata una richiesta di uscita definitiva dai confini nazionali. Ci si interroga se, in tali ipotesi, sia possibile ricorrere a criteri operativi che possano guidare l'attività di valutazione degli uffici esportazione del Ministero della cultura a cui è indirizzata l'istanza di esportazione. La domanda che ci si pone è se sia possibile garantire il giusto equilibrio tra la conservazione e la tutela delle opere che, se pur straniere, presentano un legame con la cultura del Paese, e se, al contempo, si possa assicurare la circolazione delle opere straniere che, al contrario, non hanno attinenza con il patrimonio culturale nazionale e che vengono a trovarsi in Italia, il più delle volte, per periodi brevi e di passaggio.

La Dea Giustizia (Deval Kulshrestha, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons)


1. La sottoponibilità a tutela delle “opere straniere”

La circolazione internazionale delle opere straniere assume particolare interesse in relazione alla possibilità di esercitare su di esse l’azione di tutela, da parte degli uffici del Ministero della Cultura, in caso di richiesta di uscita definitiva da confini nazionali di opere straniere che si trovino in Italia e non godano del regime privilegiato di ingresso temporaneo, attestato da un certificato di ingresso rilasciato ai sensi dell’articolo 72 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.


In primis occorre chiarire cosa si intenda per “opere straniere” (di autore straniero? non create in Italia? prodotte per una committenza straniera? etc). Al riguardo, si ritiene che esse possano essere definite in maniera univoca come “le opere di autore straniero che non sono state eseguite in Italia”.


In passato, si è posta la questione della sottoponibilità a tutela secondo la legge nazionale delle opere straniere che presentano interesse culturale, questione che è stata risolta positivamente sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza e che oggi non sembra più essere in discussione.


Nel 2009 l’Ufficio legislativo del ministero ha affermato come la italianità dell’oggetto d’arte non costituisce affatto conditio sine qua non, di natura metagiuridica, perché l’attività accertativa dell’amministrazione in ordine al livello di interesse storico ed artistico espresso dall’oggetto stesso (ai fini di un suo eventuale vincolo) possa legittimamente esplicarsi. L’operatività della legge nazionale di tutela non è quindi preclusa con riguardo agli oggetti d’arte stranieri, se la loro “estraneità” all’ordinamento nazionale di tutela non è stata fatta formalmente constatare, mediante la certificazione di ingresso temporaneo, all’atto della loro introduzione sul territorio dello Stato”. Il predetto parere, richiamandosi agli indirizzi di carattere generale in base ai quali l’esportazione di cose di interesse storico-artistico poteva essere suscettibile di recare danno al patrimonio nazionale, emanati dall’allora Ministero dell’Istruzione con circolare del 13 maggio 1974, ha sostenuto che appariva evidente che in nessuno di essi compariva l’italianità dell’oggetto d’arte come criterio dirimente per la sua sottoposizione a tutela.


Più di recente, con la circolare n. 13 del 2019, recante “Atto di indirizzo” in materia di circolazione internazionale, la Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero ha ribadito come, dall’art. 9 della Costituzione, ai sensi del quale la Repubblica tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione, discende che il patrimonio culturale è “nazionale” nel senso che appartiene ai cittadini della Repubblica e che, al fine di poter contribuire allo sviluppo della cultura, deve poter comprendere tutte quelle componenti attraverso le quali sia possibile, per i cittadini tutti, accrescere le proprie conoscenze e migliorare la propria formazione, onde conseguire il pieno sviluppo della persona.


Nella predetta circolare si richiamano gli indirizzi giurisprudenziali consolidati in materia, che confermano il principio della possibile appartenenza al patrimonio culturale della Nazione anche dei beni di origine “non italiana”.


La giurisprudenza, con riferimento ai beni stranieri, si era infatti espressa come segue: “[…] deve escludersi che il carattere di ‘italianità’ dell’esemplare costituisca una condizione imprescindibile affinché se ne possa imporre il trattenimento forzoso sul territorio nazionale e che sia di contro ben possibile il divieto di esportazione di opere straniere, purché la loro presenza nel patrimonio culturale nazionale sia necessaria per favorire la conoscenza delle culture di cui i beni in questione costituiscano ‘testimonianza materiale di civiltà’, trattandosi di strumenti di formazione e crescita culturale della comunità” (TAR Lazio, Sez. Seconda Quater, n. 7833 del 17 settembre 2012). Infatti “la funzione di promozione della cultura con esso [vale a dire: con il patrimonio culturale nazionale] perseguita non è limitata solo a quella italiana, ma deve favorire anche la conoscenza di altre culture di cui i beni in questione costituiscano ‘testimonianza di civiltà’”. Ovviamente “l’esigenza di comprendere nel ‘patrimonio culturale nazionale’ anche beni culturali di diversa provenienza va commisurata – secondo un giudizio che è necessariamente comparativo […] – alla predetta funzione sicché si deve assicurare la presenza sul territorio nazionale di tali beni in misura sufficiente, sotto il profilo quantitativo, ed adeguatamente rappresentativa, sotto il profilo qualitativo della significatività dell’oggetto, in modo da consentire, anche in Patria, l’approfondimento della conoscenza delle civiltà straniere di cui sono testimonianza” (TAR Lazio, Sez. Seconda Quater, n. 2540 del 22 marzo 2011). Tale giudizio comparativo è devoluto all’autorità amministrativa (in primo luogo agli Uffici esportazione) a seguito “di una valutazione tecnico-discrezionale […] anche in considerazione dell’esigenza di approfondire i legami con diverse civiltà straniere che muta a seconda dei diversi momenti storici” (TAR Lazio, Sez. Seconda Quater, n. 2659 del 24 marzo 2011). 


Pertanto, la circostanza che l’opera sia straniera, secondo l’accezione più sopra specificata, non appare di ostacolo alla sua sottoposizione a tutela secondo la legge italiana, che deve essere interpretata nel senso più estensivo possibile al fine di non depauperare il patrimonio nazionale con la dispersione di opere che, pur essendo “straniere”, esprimono una sostanziale contiguità culturale con lo sviluppo della storia artistica del Paese o che hanno comunque contribuito in modo attivo a tale sviluppo.

(da www.pixabay.com)


2. Possibili criteri di riferimento. Il legame del bene con l’Italia

Affermata la sottoponibilità, in astratto, a tutela nazionale anche delle opere straniere, ci si chiede se ci siano dei criteri che, a livello operativo, devono guidare l’amministrazione, e in particolare gli uffici esportazione, incardinati presso le Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, a cui viene indirizzata la richiesta di uscita dal territorio nazionale di un bene straniero, per accertare la sussistenza dei presupposti per poterlo ritenere assoggettabile, in virtù dell’intrinseco valore e pregio artistico, alla normativa di tutela nazionale.


In particolare, ci si chiede se, per poter assoggettare a tutela un’opera straniera, soccorrano gli stessi criteri utilizzati per la valutazione dei beni nazionali, e in particolare alcuni di essi, oppure se occorra fare riferimento a un diverso criterio.


Come noto, l’art. 68, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 prevede: “Nella valutazione circa il rilascio o il rifiuto dell’attestato di libera circolazione gli uffici di esportazione accertano se le cose presentate, in relazione alla loro natura o al contesto storico-culturale di cui fanno parte, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico, a termini dell’articolo 10. Nel compiere tale valutazione gli uffici di esportazione si attengono a indirizzi di carattere generale stabiliti con decreto del Ministro, sentito il competente organo consultivo”. Tali Indirizzi sono oggi stabiliti nel decreto ministeriale n. 537 del 2017, recante “Indirizzi di carattere generale per la valutazione del rilascio o del rifiuto dell’attestato di libera circolazione da parte degli uffici esportazione delle cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico”.


Il citato decreto elenca i seguenti sei elementi di valutazione, dei quali si richiede la compresenza di almeno due di essi: 1. qualità artistica dell’opera; 2. rarità (in senso qualitativo e/o quantitativo); 3. rilevanza della rappresentazione; 4. appartenenza a un complesso e/o contesto storico, artistico, archeologico, monumentale; 5. testimonianza particolarmente significativa per la storia del collezionismo; 6. testimonianza rilevante, sotto il profilo archeologico, artistico, storico, etnografico, di relazioni significative tra diverse aree culturali.


Al riguardo, anche alla luce della più recente giurisprudenza in materia, sembrerebbe ragionevole ritenere necessaria, in via preliminare all’azione di tutela, una connessione dell’opera straniera con il patrimonio culturale italiano, fermo restando la necessaria compresenza di almeno due dei criteri indicati nel decreto per poter procedere con il diniego e contestuale dichiarazione di interesse culturale. Ciò anche al fine di garantire il giusto equilibrio tra la conservazione dell’integrità del patrimonio culturale della Nazione e il diritto del privato proprietario a esportare un’opera d’arte che, almeno apparentemente, non ha una connessione diretta col patrimonio culturale nazionale.

 

Sembrerebbe infatti logico, nonché conforme alla normativa di settore, escludere dall’azione di tutela quelle opere che, secondo la corretta prospettiva storico-critica consentita oggi dalla distanza cronologica dalla esecuzione delle stesse, non presentino in alcun modo contiguità o interferenza con la ricerca artistica del nostro Paese, né risultino aver esercitato una qualche influenza sugli sviluppi della storia dell’arte italiana.


Conseguentemente, l’ufficio esportazione che ritenga di denegare la richiesta di attestato di libera circolazione riferito a un bene straniero dovrebbe in primo luogo valutare la presenza di un legame del bene con l’Italia.


Per affermare la sussistenza di tale legame, l’amministrazione potrà ricorrere ai criteri già avallati dalla giurisprudenza, o ad altri individuati di volta in volta dall’ufficio.


In via meramente esemplificativa, è possibile ipotizzare alcuni dei criteri di riferimento che potrebbero essere utilizzati per testimoniare il legame storico dell’opera con il patrimonio nazionale e l’appartenenza alla storia recente del Paese.


2.1. Rilevanza dell’opera per la storia collezionistica italiana

Un primo criterio di collegamento potrebbe essere individuato nella appartenenza di un bene straniero a una collezione storica italiana.


In un caso esaminato di recente dal Giudice amministrativo, relativo a un’opera di artista francese del Novecento, il Tribunale ha ritenuto il provvedimento di tutela adottato dall’ufficio esportazione di Milano correttamente fondato sul legame, comprovato dalle risultanze istruttorie, intercorrente fra l’opera e il collezionismo italiano, affermando che l’amministrazione avesse ben motivatocirca la rilevanza per la storia collezionistica italiana dell’opera, avendo particolare riguardo alla sua significativa presenza nella collezione del gallerista milanese -OMISSIS- -OMISSIS- – curatore del catalogo ragionato dedicato a-OMISSIS- edito nel 1969 (nel quale l’opera era indicata con il n. 261c) e aggiornato nel 1997 (opera indicata col n. 369c) – presso la cui galleria l’opera è rimasta dal 1964 al 1981, venendo esposta nel 1972 e nel 1973 (TAR Milano, n. 2666 del 2023).


In un altro caso, riferito a un’opera di un artista giapponese, il Giudice amministrativo ha avallato l’operato degli uffici ministeriali, che nella relazione artistica, allegata al provvedimento di tutela, mettevano in luce il legame dell’opera con il collezionismo italiano (TAR Milano, n. 126 del 2023, non appellata).


Si ritiene pertanto che la significativa appartenenza di un’opera straniera a una collezione italiana ben possa assurgere a presupposto fondante l’azione di tutela in sede di esportazione.


2.2. Attinenza dell’opera con la storia della cultura italiana.

Un secondo criterio di collegamento tra l’opera straniera e il patrimonio nazionale che ha superato positivamente il vaglio giurisdizionale riguarda l’attinenza dell’opera con la storia della cultura italiana.


Con riferimento a un diniego all’esportazione di un olio su tela di un artista tedesco (un ritratto che ritrae la moglie dell’allora ambasciatore inglese a Vienna, e fu realizzato in questa città nel 1926), autore che ha soggiornato in Italia e che raggiunge l’apice della sua pittura “italiana” subito dopo aver lasciato il nostro Paese per trasferirsi a Vienna, il giudice amministrativo ha ritenuto che “In questo senso, la motivazione in punto di rappresentatività del legame tra l’artista e l’Italia deve ritenersi esaustiva. Invero, sotto questo profilo, l’Amministrazione – coerentemente con il citato DM – ha tenuto conto della specifica attinenza dell’opera straniera alla storia della cultura in Italia, valorizzando la rappresentatività del dialogo tra la cultura artistica italiana e quella tedesca degli anni Venti: nell’opera “convergono le suggestioni recepite dall’artista durante la sua lunga permanenza nel nostro Paese e quelle provenienti dalla sua terra natale” (cfr. pagina 3 del diniego). Tale affermazione viene corroborata dalla Soprintendenza elencando i profili dell’opera che debbono far ritenere compresenti le due culture: “l’equilibrio e l’armonia della classicità, ma anche l’inquietudine e il mistero decisamente novecenteschi, che -OMISSIS- riscontra nella pittura metafisica e ancor di più nelle opere del Realismo Magico, incontrano la cruda oggettività tanto algida quanto fredda, la visione di un mondo senza scampo che è poi la cifra linguistica della Neue Sachlichkeit tedesca” (TAR Milano, n. 2601 del 2023). Il Giudice inoltre ha sottolineato come  “(…) le censure dell’esponente non dimostrano l’inattendibilità delle valutazioni tecniche dell’Amministrazione in quanto il collegamento con l’Italia, condivisibilmente con le argomentazioni dell’Amministrazione non può ricollegarsi alla mancanza di un soggetto italiano dell’opera ma può invece emergere da elementi ulteriori quali le forme, i colori, gli stili, proprio di un linguaggio artistico che rimanda all’incontro tra la corrente artistica della Nuova Oggettività tedesca e il Realismo magico italiano”.


Può essere richiamata sull’argomento anche la vicenda del dittico del 1937 di un poliedrico artista spagnolo, appartenente a una Fondazione italiana. In questo caso il giudice ha affermato come “la creazione del dipinto in Italia non è questione decisiva per attribuire o meno interesse culturale al bene, ove ricorrano, come accade nel caso di specie, altri elementi fondanti tale interesse (…) Sul punto, risultano condivisibili le censure articolate dal ministero anche alla luce delle considerazioni sin qui esposte dalle quali si evince la sussistenza di un’intensa relazione tra il dittico e la figura e l’ambiente culturale di -OMISSIS- che assegna, quindi, al dittico un’ulteriore valenza culturale, quale “muto ma iconico e primeggiante testimone al vivace via-vai di incontri, eventi, rappresentazioni, occorsi nel salotto del Maestro”, che lo rende, quindi, coprotagonista di quella vicenda culturale rilevante, giustificando l’interesse relazionale affermato dal ministero. Del resto, (…) è innegabile, in ragione della disamina sin qui svolta, come il dittico abbia una “specifica attinenza […] alla storia della cultura in Italia”, e, in particolare, alla storia culturale che ruota intorno alla complessa e poliedrica figura di -OMISSIS-” (Consiglio di Stato, n. 8074 del 2023).


2.3. Legami storici dell’autore straniero con l’Italia

Con riferimento al dipinto, realizzato da un pittore simbolista-espressionista tedesco nel 1907, il giudice ha ritenuto che “rispetto allo specifico tema del legame con il nostro paese, in coerenza al criterio della testimonianza rilevante anche in caso (come nella specie) di provenienza straniera, la relazione storico artistica svolge una accurata ricostruzione dei legami storici del pittore con l’Italia, sia per la partecipazione reiterata a mostre italiane (debitamente richiamate) sia per il carattere dell’opera quale testimonianza della persistenza e validità dei modelli italiani rinascimentali” (Consiglio di Stato, n. 11204 del 2023).


A questo riguardo possono essere evidenziati la testimonianza, nell’opera, della persistenza e della vitalità dei modelli italiani nella pittura straniera, il tributo dell’autore a periodi storico-culturali italiani (come per esempio il Rinascimento) o i costanti rapporti dell’artista con l’Italia (partecipazione a eventi culturali, etc.).


2.4. Il criterio cronologico

Posto che, in linea generale, sembra evidente che non si possa denegare l’uscita di un bene straniero di interesse storico presente sul territorio italiano in via del tutto incidentale o di passaggio, è pur vero che il Codice dei beni culturali riconosce come presupposto per la dichiarazione di interesse culturale il requisito della “vetustà” del bene, riconoscendo espressamente il valore del criterio cronologico. La permanenza in Italia per un periodo temporale significativo nella vita del bene, anche eventualmente in rapporto alla permanenza del bene nel Paese di origine o in altri Paesi, di un’opera straniera, costituisce perciò un criterio rilevante ai fini della sua dichiarazione di interesse per il patrimonio culturale nazionale. Il criterio cronologico è stato considerato determinante (sebbene a contrario) nel famoso caso della Commode, in cui il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3930 del 2012, nel ribadire che possono far parte del patrimonio culturale della Nazione anche beni di origine “non italiana”, ha ritenuto che “giudicare breve un periodo di vent’anni, in relazione ad un mobile realizzato oltre 260 anni or sono, non appare né illogico, né irrazionale”.


Il criterio cronologico richiede da parte degli uffici una valutazione ponderata caso per caso, anche in considerazione della vetustà del singolo bene all’esame degli stessi. Sembrerebbe in ogni caso significativa la permanenza in Italia del bene per almeno settant’anni, corrispondente alla vetustà richiesta dal Codice per poter avviare l’azione di tutela ordinaria.

(da www.pixabay.com)


3. Applicazione degli indirizzi di cui al decreto ministeriale n. 537 del 2017

Pur ritenendo presupposto necessario, a seguito di una richiesta di esportazione dall’Italia, la presenza di un legame significativo dell’opera straniera con il patrimonio culturale della Nazione per trattenerla entro i confini nazionali, occorre coordinare tale assunto con l’art. 68, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 e i conseguenti indirizzi di cui al decreto 537/2017.


Il decreto 537/2017, nel richiamare la necessità di associare in parte motiva del provvedimento di diniego al rilascio dell’attestato di libera circolazione almeno due dei predetti criteri (tra il n. 1 e il n. 6), fornisce poi elementi specifici riferiti a ciascuno dei sei elementi di valutazione ivi indicati.


Al riguardo, sembra plausibile che, dopo aver adeguatamente messo in luce il legame tra l’opera straniera e il patrimonio culturale nazionale, l’ufficio esportazione che intenda denegare il titolo all’esportazione si attenga perciò ai predetti indirizzi, individuandone almeno due tra i sei previsti (come già messo in luce dalla giurisprudenza e dalle circolari ministeriali).


Si ritiene utile precisare che, anche nel caso dell’opera straniera, così come per quella nazionale, non sembra essere richiesta la compresenza necessaria del criterio n. 6 (Testimonianza rilevante, sotto il profilo archeologico, artistico, storico, etnografico, di relazioni significative tra diverse aree culturali, anche di produzione e/o provenienza straniera), ben potendo ricorrere due tra gli altri criteri indicati, criterio che non soccorre quindi come criterio generale per poter sottoporre a tutela le opere straniere.



4. Conclusioni

In conclusione, con riferimento alle opere straniere, in caso di richiesta di rilascio dell’attestato di libera circolazione, l’ufficio esportazione potrebbe denegare il titolo all’esportazione ed esercitare l’azione di tutela tutte le volte che, rilevato in via preliminare il legame del bene straniero con l’Italia, ricorrendo a uno o più tra i criteri di collegamento, da individuarsi caso per caso, ritenga che l’opera presenti almeno due dei criteri di cui al citato d.m. 537/2017.


Tale soluzione potrebbe garantire il giusto equilibrio tra la conservazione e la tutela delle opere che, se pur straniere, presentano un legame con la cultura del Paese, assicurando al contempo la circolazione delle opere straniere che, al contrario, non hanno attinenza con il patrimonio culturale nazionale e che vengono a trovarsi, il più delle volte, in Italia per periodi brevi e di passaggio.

 

Bibliografia di riferimento

 

  • Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”

  • Parere dell’ufficio legislativo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali del 14 luglio 2009

  • Decreto ministeriale n. 537 del 2017, recante “Indirizzi di carattere generale per la valutazione del rilascio o del rifiuto dell’attestato di libera circolazione da parte degli uffici esportazione delle cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico”

  • Circolare n. 13/2019 della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio recante “Atto di indirizzo, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, secondo periodo, del D.M. 23 gennaio 2016, n. 44, in materia di uscita dal territorio nazionale, ingresso nel territorio nazionale ed esportazione dal territorio dell’Unione Europea dei beni culturali e delle cose di interesse culturale (articoli 64-bis/74 del d.lgs. n. 42/2004)”

 

 Abstract


This article examines the issue concerning the international circulation of foreign works of art (to be intended those created by foreign artists and not created in Italy). This topic has always been of particular interest, especially when, in the case of a request for definitive exit from national borders, the option could be to deny the exit of the good tout court or to refer to some criteria that could guide the export offices of the ministry of culture to which the request for exit  of a foreign cultural good is addressed. The question is if there is a balance between the preservation of the integrity of the Nation's cultural heritage and the right of the private owner to export a work of art that doesn’t have a strong connection with the culture of our country.


Keywords: cultural goods, foreign provenance, foreign artist, international circulation, export offices

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